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I murales di Harry Greb a Roma: chi è l’artsta

3 Dicembre 2020

Le sue opere sono note in tutta Roma, la sua identità no. Il creative designer Harry Greb ci tiene all’anonimato, “voglio preservare la mia vita privata, preferisco esprimere me stesso attraverso le mie creazioni, che in tanti definiscono opere”. Il suo nome resta sconosciuto ma ai taccuini di RomaToday, racconta a grandi linee degli studi da grafico, della carriera nel mondo della moda, in particolare nell’ambito dello street wear. Harry Greb, che da poco ha superato i 40, si definisce “un creativo” che un giorno ha deciso di utilizzare la strada e le pareti dei palazzi della città per “incorniciare” la sua arte.

I murales di Harry Greb negli angoli di Roma
Il primo murale regalato a Roma esattamente un anno fa: la stretta di mano tra Trump e Putin, “dietro una bandera a rappresentare le lobbies che muovono le politiche, davanti la striscia della scena del crimine”.

Ma sono tanti i murales che in questo anno sono stati apprezzati, hanno fatto sorridere e riflettere: da Papa Francesco nei panni di Kill Bill o in quelli di un avversario di Bruce Lee per ironizzare sul gesto compiuto dal Pontefice durante la notte di Capodanno nei confronti di una fedele, il famoso “schiaffo” sulla mano, al murale post infortunio di Niccolò Zaniolo nel quale il gioiellino della Roma è un “supereroe”, Robin sui muri di Trastevere.

Dallo “schiaffo” del Papa, agli omaggi a Morricone e Proietti
Opere che hanno segnato tempi e avvenimenti: Raggi e Zingaretti che “dondolano” sui rifiuti di Roma, quello sulla Pandemia da Coronavirus, le raffgurazioni di artisti scomparsi come Ennio Morricone omaggiato nella sua Trastevere o Gigi Proietti al Tufello. Quest’ultima talmente amata dai cittadini che hanno scelto di proteggerla con un vetro di plexiglass.

Non murales nel vero senso del termine. “Per realizzare le mie opere non utilizzo spray o vernici direttamente sui muri, sono una sorta di poster”. Prima arriva l’idea, poi segue l’elaborazione al computer: “La creazione viene stampata, ritagliata, lavorata con i pennelli, acrilico o spray. Se mi soddisfa la metto in strada”. Sulla carta delle affissioni, basta incollarla.

“Ho sempre fatto opere di pop art. Ho dipinto personaggi e situazioni in modo irriverente, sdrammatizzando le tematiche attuali e senza mai offendere nessuno. Esponendo nelle gallerie, nei locali e negli show room ho pensato che era come relegare le mie creazioni dentro una scatola: così ho iniziato a metterle per strada. Da li è nata un’inaspettata popolarità”.

Ma quale l’opera a cui è più affezionato Harry Greb? “Mentre le creo le vivo intensamente, mi emozionano e spero che lo facciano anche con il pubblico. Voglio bene a tutte. Forse sono più attaccato a quelle che hanno avuto meno successo e meno risalto ma che comunque io considero significative”. Il riscontro avuto con il murale dedicato a Gigi Proietti deve essere stato emozionante: “Mi sono accorto dell’amore e del vuoto che un artista come lui ha lasciato nelle persone”.

La disputa su Geco: “Ogni forma d’arte nasconde sentimenti e passione, si è esagerato”
Pochi giorni dopo l’inaugurazione del grande murale “istituzionale” per Gigi Proietti sulla facciata di una palazzina Ater del Tufello, veniva scoperta l’identità di Geco con il writer che ha “imbrattato” Roma con la sua firma ad essere denunciato. Quasi un paradosso. “Pur facendo cose diversissime penso che sotto ogni forma d’arte ci siano sentimenti e passione. Non posso che essere solidale con Geco perchè una cosa così è capita anche a me qualche anno fa. Su Geco si è esagerato, probabilmente la Sindaca avrà sicuramente cose più importanti a cui pensare”.

Una città in cui l’arte di strada comunque sembra prendere il sopravvento. “Ci sono parecchi interpreti e questo è un bene: più c’è fermento artistico e più escono fuori idee interessanti. Spero possa sempre essere con etica, per suscitare emozioni e far riflettere”.

 

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